In Valtellina da padre Gianni
Fine ottobre 2004... Entusiasmi e difficoltà che si alternano. La difficoltà è che la strada praticamente la dobbiamo pensare noi. E la dobbiamo costruire mentre siamo occupati con i nostri lavori, settimanali o a turni. Da una parte sarebbe stato più semplice avere qualcosa "a portata di mano", una qualche proposta a cui aderire, anche a costo di svolte ripide da "lascio tutto e vado". Invece pare che non sia così, questo da una parte lascia più serenità e libertà, permette elasticità di tempi, ed evita traumi da out-out. Dall'altra però mi lascia l'impressione che se non saremo noi a spingere ogni giorno un passo avanti nella direzione giusta rischiamo di girarci intorno e non arrivare da nessuna parte. Insomma non siamo in un canyon dove la direzione è obbligatoriamente segnata (o in salita o in discesa), ci troviamo piuttosto nel mato mozambicano dove la strada si vede appena e le direzioni sono tutte disponibili. Ma dobbiamo spingere, e farlo ora, spingere ma non forzare. Spingere significa che se devo telefonare a Raffaello, al Cemi, allo Svi, meglio farlo oggi non domani. Solo se saremo sufficientemente determinati, incisivi e decisi alla fine forse partiremo. Il forse è d'obbligo, perché se la determinazione è sicuramente condizione necessaria, non è d'altra parte assolutamente sufficiente. Ieri oltre ad incontrare padre Gianni, abbiamo incontrato anche suo Padre, 93 anni ormai infermo costretto a letto con vari problemi. Ma quell'uomo, in quelle condizioni, ci ha trasmesso tanta voglia di vivere. Potrebbe sembrare paradossale ma è stato così. I suoi occhi, le sue mani che stringevano le nostre, il suo sorriso, comunicavano amore per la vita. "La porta è sempre aperta se ripassate da queste parti", ci ha detto mentre ci salutava... Mi viene da dire che anch'io vorrei avere lo stesso spirito quando diventerò vecchio. Lo spirito da sognatore di p.Gianni, nonostante sia forse troppo spesso poco concreto, fa sempre molto bene ascoltarlo. È capace di suscitare motivazioni e voglia di fare. In un mondo dove ci sono cosi tante cose che si possono pensare e fare, in un mondo che ha tanto bisogno di idee positive, sane, non si può restare con le mani in mano, e prendere quello che viene. È nostro compito inventare qualcosa, realizzare qualcosa di bello. Dunque il Gianni dice, chi desidera partire come laico missionario comboniano deve aver compiuto alcune tappe necessarie.
- il cammino GIM (approfondimento di tematiche missionarie, conoscenza del comboni, percorso di discernimento vocazionale)
- la scelta di vita (matrimonio, consacrazione, altro...)
- formazione professionale e collocazione lavorativa (il saper fare un mestiere e l'esercitarlo come lavoro che dà sostentamento)
- cammino di fede (aver scoperto che nel Signore dobbiamo riporre la nostra fiducia)
- una famiglia d'origine solida (rapporti franchi e sinceri, situazioni chiare, occorre cercare che la partenza venga ‘benedetta' da mamma e papà...)
- una comunità parrocchiale che sostenga la scelta della partenza e invii simbolicamente la famiglia in missione
- una comunità di amici che sostenga la scelta della partenza e invii simbolicamente la famiglia in missione
- un corso di formazione al volontariato internazionale (presso istituzioni autorevoli nel campo come Celim e SVI)
- un'esperienza di vita comunitaria (all'interno della realtà di ACF) e l'approfondimento delle tematiche della vita in comunità.
Oltre a queste tappe ci sono anche altre verifiche/accortezze a cui prestare attenzione:
- l'impurtant l'è andà ma pussè impurtant l'è turnà. Meglio prepararsi anche al ritorno, i religiosi sono coperti dall'istituto, le famiglie no. Quindi, da una parte è bene affidarsi alla provvidenza, dall'altra è bene fare qualche calcolo con casa, lavoro etc.
- è bene che la partenza non crei troppi scompensi agli affetti famigliari che si lasciano.
- La sintonia della coppia che parte sempre determinata sulla scelta che si sta compiendo da entrambe le parti
- La questione dei figli che arrivano e arriveranno, come aprire alla vita la famiglia nel contesto di un'esperienza in paesi poveri, dove è spesso scarsa l'assistenza sanitaria.
Detto tutto ciò quale scenario ci si prospetta davanti? Il Celim mi ha detto di preparare una e-mail con i nostri curriculum e una descrizione di ciò che stiamo cercando. Loro ci risponderanno proponendoci un colloquio (a pagamento) in cui delineeremo un possibile percorso formativo (ed eventualmente di orientamento) da seguire in vista della nostra partenza. Insomma la sensazione è che non esista al volo una soluzione che vada bene per noi... ma d'altra parte non si può sempre pretendere di trovare sempre vie semplici e facili. Già sino ad ora siamo stati sempre molto fortunati. Ora credo che la parola debba tornare al Gianni o al Raffaello (se riusciamo a trovarlo). A me vengono in mente questi possibili scenari: O si pensano altre soluzioni, o si accetta il percorso Celim (nonostante i costi), oppure si individua un possibile progetto comboniano in cui potersi inserire e si comincia a lavorarci sopra: si frequentano corsi di formazione mirati, si cercano finanziamenti, si studia la lingua. Io credo che questa ultima ipotesi sia quella più concreta, e quella che più fa al caso nostro.
Lettera a Daniele e Silvia
Cari amici, siamo contenti di avere vostre notizie, di sapere che state bene, e che siete stati a fare una bella vacanzina. Vi diamo qualche news anche da qui: ...alla fine abbiamo preso il telefono ed abbiamo chiamato il Gianni. È stato contento di sentirci, e lunedì siamo andati a trovarlo a Sondrio (era da suo padre)... Ci siamo presentati così: "dunque, da quando siamo tornati dall'africa (ed anche da prima) l'idea di vivere un'esperienza di missione continua ad assediare i nostri sogni e pensieri, quindi abbiamo deciso di cominciare a muovere qualche passo per vedere cosa succedere, per scoprire la strada che ci aspetta e verificare concrete possibilità..." Il Gianni, come suo solito, è partito con i sogni targati LMC, come sempre un'esplosione di idee, di si potrebbe, sarebbe bello, si dovrebbe, se ci fosse... etc. Tanti sogni dunque ma poche concretizzazioni mirate. Nello schema del suo percorso LMC ci mancano due tappe finali. L'esperienza di vita comunitaria e la formazione presso un'organizzazione laica. Per quanto riguardo la comunità ci ha detto di continuare con il gruppo di condivisione di ACF che abbiamo iniziato lo scorso anno e con la collaborazione con la comunità di Casciago (quella di Danio e Cristina). Per la formazione ci ha dato due numeri di telefono: quello dello SVI di Brescia e quello della rete IRIS (Celim) di Milano. Dicendoci: cominciate ad informarvi poi vediamo. Ieri ho telefonato. Lo SVI mi ha detto che ha un corso di 2 anni, e che il prossimo inizia ad ottobre 2005. Il Celim sembra avere solo corsi "propedeutici" e di "orientamento" residenziali di 1 settimana alla modica cifra di 400 euro a testa. P. Raffaello non siamo riusciti ancora a contattarlo, sembra telefonicamente irraggiungibile. Per ora siamo arrivati sino a qui. Ci daremo da fare per creare una strada, e questo darci da fare già ci fa sentire bene. Anche se a volte la strada si vede poco... Un abbraccio, estamos juntos Davide e Silvia
Oggi giovedì 25 novembre 2004
Dopo aver inutilmente cercato p. Raffaello, questa mattina ho telefonato a p. Gianni per riferirgli il risultato delle telefonate al Celim e allo Svi. Mi ha detto di aspettare a mandare curriculum al Celim, e che a questo punto meglio trovarsi con P. Raffaello e pensare insieme cosa fare. Ed in quella sede magari cercare un eventuale progetto comboniano che faccia al caso nostro. Quindi assedieremo Raffaello per riuscire ad organizzare un incontro. Bene. Mi pare la cosa migliore. Prima di salutarmi Gianni mi ha detto: "Mi raccomando dateci dentro ed insistete se sentite che questa è la vostra strada: i tempi sono di per sé comunque lunghi, quindi meglio non perdere tempo inutile."
15 novembre
Sono qui in ufficio Vodafone. è lunedì e sto cominciando una nuova settimana. Ancora nessuna novità sul fronte lavorativo. Sembra che in questo posto ci dovrò passare ancora del tempo. La nostra vita procede, stiamo bene. Soprattutto quando abbiamo abbondante tempo da dedicarci e da dedicare INSIEME a qualcosa o qualcuno. A volte ho l'impressione che i nostri ritmi ci tengono legati. Non so, l'alternanza di sensazioni e di iniziativa decisionale continua ad essere presente
26 novembre, incontro dello staff GiovanieMissione.it
Un'occasione per rivedere e programmare il lavoro sul sito ma non solo. Tanti discorsi, tanti sogni tirati fuori che riguardano molto altro, e coinvolgono la vita per intero. Dopo aver terminato la riunione revisionale alle 00.30, prima di addormentarci abbiamo parlato a lungo con p. Dario del dopo GIM. Di quello che i gimmini stanno inventandosi a Vengono, Padova, Trento e Pesaro... Il GIM è da un lato un cammino di sensibilizzazione dei giovani alla missione, dall'altro un discernimento vocazionale focalizzato al cercare candidati per il cammino di ordinazione religiosa nei Comboniani. Ai giovani che non sceglievano di farsi padri, fratelli, suore veniva detto: cari miei ora fate un po' voi e cercate di portare negli ambienti che frequentate quello che avete imparato. Va bene, ma forse ora è il momento di fare un passo in più, è forse arrivato il momento di allargare la famiglia comboniana, e di permettere a coloro che sentono forte il legame con i comboniani consolidato negli anni del cammino GIM di entrarne a farne parte. Cosa significa in pratica. Creare un percorso. Quello che stiamo sperimentando è il seguente: piccoli gruppi di preghiera che pregano e condividono, e si aiutano a realizzare i loro sogni ci manca di riconoscere noi le nostre origini comboniane e i comboniani che ci riconoscano come figli. Istituzionalizzare. Questi gruppi di preghiera saranno in continuo contatto con i coboniani della zona Periodicamente si possono organizzare incontri collettivi di tutti i gruppi della zona In collaborazione con i comboniani si possono pensare iniziative di pace e giustizia e animazione missionaria. Le iniziative GIM e comboniane in generale vengono comunicate ai vari gruppi, chi può-vuole si coinvolgerà. Dai vari gruppi potranno nascere gruppi di lavoro su progetti specifici come la creazione di una comunità I gruppi servano come culla, supporto, etc ai laici missionari comboniani che partono Soprattutto dal punto di vista della comunità, ma non solo, molteplici possono essere i punti di contatto con ACF.
Il 1° dicembre 2004
Siamo stati ad incontrare e conoscere p. Raffaello Savoia, responsabile dei laici missionari comboniani e dei laici comboniani in genere. È stato proprio un bell'incontro da cui abbiamo portato a casa tanto, anche se non esattamente quello che ci saremmo aspettati e avevamo sperato. Noi speravamo forse in qualche corso da poter iniziare per metterci in cammino e continuare a discernere un'eventuale partenza... ed invece ci è stato detto: prima di tutto continuate a far bene quello che state già facendo, il gruppo di preghiera di cui fate parte nato dal cammini GIM è un bel segno, dateci dentro e vedete come far crescere la cosa. Se saprete pensare soluzioni alternative QUI allora sarete anche adatti a partire per la missione... una preparazione di questo genere vale più di molti corsi. Quindi probabilmente niente corso SVI, che nonostante fosse distante ed impegnativo, sembrava molto interessante. In particolare piaceva l'attenzioni alle relazioni di gruppo, al problem solving, alcuni strumenti che possono essere utili anche QUI, che si concentrano più sulla persona che sulla sua professionalità.
6 dicembre 2004
Il momento è quello giusto, la strada e il percorso tutto da costruire. Come dare forma alle giovani famiglie che si sentono "comboniane"? Comunità, missione, ma anche semplice fare da spalla, c'è molto spazio per soluzioni creative. Tutto questo accadrà semplicemente quando 2 o 3 famiglie molto motivate decideranno di investire pesantemente in questa direzione. Mi ha detto il Gianni questa sera al telefono. Probabilmente ha ragione. Ci ha poi incitato a stare attenti a rimanere in cammino facendo modo di mettere ben cadenzati un passo dopo l'altro, per evitare di perdere lo slancio che ora sentiamo. Gianni: "Ricordiamoci nella preghiera." Dobbiamo pensare un spiritualità famigliare a misura di famiglia. Fatta per una famiglia giovane, dove entrambi lavorano, e spesso con orari sballati, Ma fatta anche per una famiglia con bambini al seguito. Modalità semplici, magari non convenzionali, fatte di parole di Dio e sottofondo comboniano. Occorre pensare soluzioni e provarle, sperimentarle. Abbiamo provato più volte a prometterci di organizzare a turno almeno un momento di preghiera settimanale sulla parola della domenica, ma non siamo nemmeno riusciti ad iniziare. Difficile anche tentare un addomesticamento regolare un appuntamento fisso sarebbe continuamente messo in discussione da mille imprevisti ed eccezioni. Provo a fare ipotesi. - Entro il sabato occorre scrivere almeno una piccola preghiera a testa su di un quadernetto. Poi verrà usata per la preghiera della sera del sabato o durante la messa del giovedì. - E la parola? - E il comboni? Provare ad iniziare a leggerli almeno come se fossero libri Cosa ci muove? Il desiderio di rispondere alla nostra vocazione. Il desiderio di spendere la nostra vita lavorando a "migliorare" questo mondo. Il desiderio di condividere parte del nostro cammino con altri fratelli che si trovano dalla "parte sbagliata" del mondo, alla periferia, ed imparare da loro un nuovo modo di vedere le cose. Sarebbe bello avere un po' di visibilità su come continuare il cammino nel caso in cui il signore ci donerà dei figli, ....
16 gennaio, ancora Verona
Con Ale, Giuliano e Michela a partecipare ad un incontro di laici comboniani del Nord Italia con p. Raffaello. È stata una giornata impegnativa, densa di condivisione e confronti. L'impressione è quella di cominciare piano piano a conoscere l'ambiente. Ed infine viene la questione del viaggio di quest'estate... Eravamo ormai convinti che ci saremmo messi a studiare un'esperienza in America Latina, in Ecuador o in Perù. Ed invece... Raffaello ci dice di andare con lui a fare un sopralluogo in Togo, Ghana, Benin! Le cose un poco cambiano, l'Africa è sempre l'Africa, con tutta la sua irruenza e contraccolpi; dal punto di vista sanitario occorre corazzarsi maggiormente di precauzioni e vaccini, dal punto di vista delle relazioni ancora una volta l'incontro con una popolazione completamente altra e diversa, culturalmente, economicamente e "cromaticamente" dalla nostra. Insomma non dico che non possa essere un bel viaggio, dico che sarà un viaggio forte, un'esperienza potente, forse troppo. Non per me che ho sempre cercato e desiderato le cose potenti, probabilmente non per Silvia che ha uno spirito bello robusto per affrontare certe cose, ma per la nostra famiglia che sarà. Finora siamo solo io e Silvia, ma fino a quando? L'esigenza di rispondere a questa domanda mi crea interrogativi anche sul viaggio di questa estate. Quindi la domanda diventa: ci troviamo all'inizio di questo 2005, cosa desideriamo provare a metterci dentro? Abbiamo del tempo e delle energie a disposizione come vogliamo utilizzarli? Lavoro, viaggi, impegni locali, impegni comboniani, comunità... Chi lo dice che è ancora troppo presto per pensare concretamente alla comunità? Perché rimandare i sogni migliori sempre ad un futuro prossimo?
Caro Raffaello, noi ci stiamo. Verremo in Africa con te questa estate. Il periodo: le prime tre settimane di agosto: dal 30 luglio al 21 agosto I partecipanti:
- Alessandra Miotto e Giuliano Zanardi
- Paola Paiola e Alberto Tomasich
- Silvia Lombardi e Davide Stefanoni
Noi (Silvia e Davide) non abbiamo la certezza di riuscire ad ottenere le ferie in quel periodo, ma faremo il possibile. Cosa desideriamo in questo viaggio: vorremmo che questo sia un viaggio di visita ma che sia una visita "operativa". Non ci spinge il semplice desiderio di vivere un'esperienza d'Africa, ma soprattutto quello di dare forma concreta al nostro essere famiglie missionarie, non solo per tre settimane, non per hobby ma per scelta di vita. Questo viaggio sarà uno dei tanti mattoncini che costituiscono il nostro percorso. Vorremmo entrare in contatto efficace con le realtà e le persone che incontreremo, che non sia quindi un continuo girare o un tocca e fuggi veloce. Vorremmo essere corresponsabili degli scopi che tu vuoi raggiungere con questo viaggio, e quindi poterlo pensare insieme. Perché se tu sei il responsabile dei laici comboniani e i tuoi scopi interessano i laici missionari, allora questi obiettivi sono anche i nostri. Per qualsiasi questione organizzativa facci sapere su che fronte dobbiamo muoverci. Quello che veramente ci interessa non è quest'estate, è la nostra vita tutta intera. Sta qui il punto! Il desiderio di passi concreti che portino a sviluppi e cambiamenti reali. E quindi quest'estate che viaggio sia, ma che non sia un semplice vedere, che sia una tappa di cambiamento concreto...
Di tanto in tanto lo scoraggiamento affiora sul mio volto. Perché i desideri e il cuore volano alto, ed invece i piedi e le mani continuano ad essere legate ai soliti pesi. È difficile pensare alternative, concretizzare pensieri in scelte di vita, è difficile trovare soluzioni che rispondano ai propri desideri, a quelli della propria famiglia, a quelli addirittura di un gruppo di famiglie. Bisogna avere idee chiare, e attuabili. Non solo un elenco di sogni che non riesci mai a tirar già dalle nuvole. Altrimenti dopo un po' che ci provi sopraggiunge la frustrazione. Dire A B e C e fare A B e C. Poi magari ottenere D E e F ma non importa. Occorre partire da dove stiamo, e con realismo fare considerazioni e tirare conclusioni. Siamo una famiglia, attualmente leggera ma che in futuro non troppo futuro sarà chiamata ad accogliere dei figli. Lavoriamo entrambi, e questo ci porta via circa 50 ore alla settimana, oltretutto i nostri orari non sono perfettamente sovrapposti, e questo fa si che il nostro "tempo utile" non riusciamo a passarlo sempre insieme... anzi. Cosa volgiamo riuscire a combinare con i ritagli di forze e di tempo che ci ritroviamo? allora? Ma caspita, di cose che vorremmo e potremmo fare ce ne sarebbero molte, il problema è che non abbiamo il tempo necessario. Per ora abbiamo a disposizione solo qualche ritaglio. In sostanza il presupposto sarebbe: abitare più vicini e fare un lavoro differente. Bisogna trovare un luogo dove vivere, che possa ospitare più famiglie, che sia predisposto strutturalmente all'accoglienza. Bisogna trovare una forma di lavoro, e quindi di sostentamento che risponda e favorisca tutto quello che vogliamo realizzare. Due passi fondamentali. Quale deve venire per primo? E con quali tempi? Io sono sempre più tentato a pensare che questo potrebbe già essere un tempo propizio. Dal momento che ti metti in cammino, che ti metti in gioco, le cose cominciano ad accadere. Non mentre stai aspettando. .......... Occorre buttar giù un piano: -- Con delle tappe intermedie Cioè con quali iniziative possiamo già da ora cominciare a realizzare quello che sogniamo per il nostro futuro. (come cominciare a rendere più aperta la nostra casa ad esempio, come cominciare a realizzare comunità già da ora. Fausti dice che la comunità è per tutti... credo che sia vero, è sicuramente vero però che ci sono modalità diverse di realizzare comunità a seconda delle persone e delle fasi della vita che stanno attraversando) -- Con degli elementi che probabilmente costituiranno la soluzione futura La dimensione del lavoro ad es. Come potrebbe svilupparsi: cooperativa informatica, o perché no un bar-trattoria equo e solidale... -- Probabilmente è giunto il momento di contare in modo preciso le forze e la loro tipologia. Siamo due famiglie decise, una che ci sta pensando, un po' che fanno il tifo, e poi... Ci potrebbe essere anche qualcun altro, dobbiamo chiedere.
2 febbraio 2005
Casa di Silvia e Davide Abbiamo pensato ad una serata con cena, per trovarci, guardarci in faccia e raccontarci cosa ci troviamo dentro, le nostre motivazioni e i nostri sogni nei confronti di questo cammino. Sono momenti importanti per conoscersi, per misurare le forze, verificare le direzioni, e tenere in considerazioni le peculiarità di ognuno. È bello riconoscere che il proprio sogno può diventare possibile solo se viene sognato anche da altri. L'importante però non è uniformarsi, ma esprimere la diversità di ognuno nella stessa direzione. I meccanismi di un gruppo sono complessi, e delicati, occorre coltivare la vicinanza prestando attenzione alla giusta distanza da tenere. Per sentire l'aiuto e il sostegno degli altri ma allo stesso tempo non essere legati da pericolose funi. È significativo l'esempio di quel gruppo di ricci che un giorno d'inverno si ritrovò ad avere freddo. D'istinto si strinsero l'uno vicino all'altro per riscaldarsi, ma i loro aguzzi aculei si infilzavano nelle carni l'uno degli altri. Colpiti da questo dolore pungente ritornarono subito ben lontani, ma il freddo in questo modo tornò a tormentarli. Il segreto stava nel trovare la giusta vicinanza, la giusta distanza. Durante la cena, che è stata piacevole ad abbondante, sono stati raccontati gli antefatti che hanno portato sino a questo punto. Praticamente una serie di incontri: Davide e Silvia che vanno prima da p. Gianni e poi da p. Raffaello; Davide e Silvia Ale e Giuliano che a Venegono incontrano p. Raffaello e conoscono due famiglie "comboniane" di Verona; Davide e Silvia Ale e Giuliano Alberto e Paola che si trovano per scrivere chi sono, cosa hanno pensato di provare a fare ed un po' di loro sogni in genere; Davide e Silvia Ale e Giuliano che vanno a Verona ad un incontro per Laici Comboniani. Il desiderio di concretizzare la "vocazione missionaria" scoperta durante il cammino GIM che si scontra con l'assenza di un cammino già pronto a forma di famiglia ci ha fatto dire: ok, noi, a questo punto, vogliamo provare a costruirne uno. C'è sempre bisogno di qualcuno che inizi. E questa volta sembra tocchi a noi. Ora dobbiamo passare dalla fase dei desideri e delle dichiarazioni d'intenti alla realizzazione dei primi passi. Il percorso è ancora tutto da inventare e sarà il frutto del lavoro di tutti coloro che vorranno partecipare... La domanda quindi è: chi ci sta? Dopo il caffè ci siamo seduti in cerchio ed uno alla volta ogni coppia ha preso la parola per raccontare di sé, per mostrare agli altri il proprio punto di vista. Hanno iniziato Alberto e Paola. A seguito di una fruttuosa chiacchierata con il loro prete di fiducia, sono riusciti a chiarire tra loro alcuni punti importanti scoprendo come alla fine dicevano le stesse cose in maniera diversa. Quello su cui vorrebbero concentrarsi è lavorare ad una traduzione della spiritualità comboniane per le famiglie per scoprire se può essere adattata ad una famiglia e come. In questo senso pensano ad esempio a degli incontri in cui affrontare delle tematiche alla luce del Comboni, lavorarci per il mese successivo e poi ritrovarsi per confrontare come ogni famiglia è riuscita a mettere in pratica gli argomenti trattati nella propria quotidianità. Hanno parlato di "famiglia" perché immaginano un percorso disegnato per famiglie e non per single, non per escludere qualcuno, ma per riuscire meglio ad entrare in profondità. Hanno parlato di della necessità di fare un passo alla volta, controllando la tentazione di saltare delle tappe. Livello dell'essere, del fare. I secondi sono stati Sergio e Simona. Hanno iniziato con la loro storia. Il cammino GIM, l'esperienza in Congo questa estate. Devono ancora sposarsi, e quindi sicuramente si trovano ancora nel livello dell'essere. Non sanno cosa saranno chiamati a vivere in futuro ed è proprio per questo che vogliono continuare a tenersi in cammino. Matteo ha espresso che il suo sogno sarebbe una comunità comboniana a Bruzzano con i missionari anziani reduci dalla missione. Cosa che invece a Chiara non passa nemmeno lontanamente per l'anticamera del cervello. Entrambi però condividono il desiderio di tenersi in cammino e coltivare la sensibilità missionaria che sentono di avere. Per il resto non sanno cosa "faranno da grandi" e lasciano aperte le varie strade. Quello che è uscito in comune è di incominciare a tradurre la spiritualità del Comboni a forma di famiglia, vedere se è possibile. Ok, anche se mi sembra poco. O non so mi sembra che la spiritualità non possa rimanere solo qualcosa di astratto, ma che richieda necessariamente di essere concretizzata. Come una famiglia può concretizzarla? La sensazione attuale è che non stiamo facendo un granchè. Stiamo bene, non sentiamo il fuoco sotto il sedere, e non combiniamo molto. Fanno di più il gruppo di Malnate che dà una mano al progetto Esmabama. Fanno un gran lavoro lo SVI di Brescia, con i loro percorsi che portano molte persone ad avvicinarsi ai problemi del sud del Mondo. Diamo forma al sogno del Comboni, lasciamolo respirare. Forse basterebbe imparare un po' di qui e un po' di là e fare una sintesi.
10 febbraio 2005
Continuiamo a dirci che occorre pregare, che dobbiamo pregare facendo entrare la parola di Dio nella nostra vita, ma poi alla fine io non riesco a vedere questo filo diretto. Non riesco ad individuare una relazione di causa effetto tra ciò leggo sul vangelo e ciò che mi ritrovo a vivere ogni giorno. Certamente la Parola di Dio ha influenzato la mia vita e continua a farlo, ma faccio fatica a far si che i momenti di preghiera guidino le nostre giornate e le nostre scelte, e poiché non ne sento la forza e gli effetti, vengono relegati solamente a ritagli di tempo. Se ci fossero piccole scelte concrete, per dare forma alla preghiera... allora si! Se ogni preghiera portasse necessariamente ad un risvolto concreto nella propria vita... Probabilmente sto esagerando, probabilmente ogni volta sarebbe eccessivo, ma mi accontenterei anche solo di qualche volta ogni tanto. Ieri sera (11 febbraio 2005) don Marco ci ha detto che finalmente hanno formalizzato la decisione della costruzione della casa della comunità e della famiglia a Tradate. Bene perché quanto meno ora ci sono delle date che pressappoco verranno rispettate, meno bene perché i tempi saranno inevitabilmente lunghi: i lavori inizieranno a fine 2006-inizio 2007 e la struttura verrà ultimata a fine 2009, questo se tutto va bene. Questo significa che il gruppo di lavoro verrà creato nel settembre 2006, etc. Già si sapeva che i tempi erano lunghi ora ne si ha la certezza. Ok. Bisogna continuare a muoversi, pensare, agire, telefonare, prendere contatti. Per dare forma nuova alle mie e nostre giornate. Finalmente. Costruire e cercare alternative. Anche se si fa fatica e parecchia. Mi sembra di poter dire che a volte mi pare che stiamo solamente cercando di essere felici e star bene, e che invece il vangelo dice qualcosa di più. Noi cerchiamo di star bene tenendo conto dei consigli della Parola di Dio. Altro sarebbe incarnare il Vangelo e senza quasi accorgersi trovare i nostri cuori felici. Non siamo ancora riusciti a trovare una forma, una formula, un metodo, per trovarci regolarmente a pregare insieme. Mi viene in mente che possiamo provare con qualcosa di "meccanico", una scaletta semplice fissa (anche se all'occorrenza flessibile) da utilizzare con una certa scadenza. Una volta alla settimana, o ogni due... La preghiera prima dei pasti ne è un esempio, è sempre uguale, magari a volte la diciamo solo per abitudine, ma intanto ci educa a ricordarci di ringraziare il Signore ogni giorno.
8 marzo 2005
Oggi è stata proprio dura. Non vedevo l'ora di tornare a casa. Per almeno trovare un momentaneo sollievo. È trascorso un periodo di relativa calma dove probabilmente per vari motivi mi sono quietato e sono stato tranquillo, stando bene direi. Dopo questo finesettimana fatto di Comboni e ACF però mi sa che un po' di inquietudine è tornata, non so quanto sia sana. La cosa che più mi brucia è sempre la sensazione di essere poco utile, e il desiderio di fare altro. E allora? Le domande sono sempre le solite: Devo semplicemente impegnarmi a trovare un nuovo lavoro, oppure dobbiamo iniziare un disegno più ampio e complesso? Il nostro tentativo di cammino per famiglie comboniane, ma che roba è? Forno caldo di sogni, ma poi? Non so se mi sta bene che ci si incontri ogni tanto a parlare del Comboni, di come viverlo ogni giorno etc... non so se mi basta... Il nostro viaggio in Africa. Una bella visita per vedere, guardare, assorbire... non so se mi basta... Andiamo a parlare con Gianni Nobili, cosi ci racconta il suo entusiasmo per la comunità di.... Mi viene quasi da dire: basta. Andando avanti così finirò per scoppiare. Mi sento quasi come un bambino che vede dietro una vetrina sfilare davanti a se una lunga fila di buonissimi dolci... Tanta acquolina, ma alla fine bocca asciutta! Nello stesso tempo il tutto mi sembra così complesso che non saprei da che parte cominciare. I Missionari Comboniani sul fronte laici sono quasi a zero, altri ordini e movimenti sono molto più organizzati. E una comunità di famiglie comboniane non risolve di certo la situazione. Occorre una struttura seria che organizzi le esperienze di missioni e i progetti di cooperazione. Altrimenti il povero Raffaello di turno dovrà continuare a fare tutto da solo e tentare di coordinare l'impossibile. Una buona domanda potrebbe essere: ma è necessaria una "ong comboniana" non bastano quelle già esistenti? Forse si, o forse no. Il forse si è motivato dai molti progetti comboniani che sono per il mondo, che hanno molto bisogno dell'aiuto dei laici, e che per ora si arrangiano come possono.... Noi cosa siamo disposti a fare, a dare a mettere in gioco? Difficile capire quando certi desideri sono davvero della coppia o soltanto di uno dei due. Mi viene in mente che potremmo fare un esercizio per schiarirci le idee. Prendere dei fogliettini e su ognuno di questi scrivere gli eventi che ognuno di noi vede nel nostro futuro, come ad es: viaggio in africa, comunità, il primo figlio, acquisto della casa. L'elenco non deve essere concepito avendo in mente una scala temporale ma semplicemente rispecchiare una serie di eventi (compresi anche quelli solamente ipotetici) che ci vengono in mente pensando al nostro futuro. Ad ogni mattoncino associamo i seguenti campi: - un numero da 1 a 10 che indichi il grado di importanza (quanto sei disposto a pagare?) - una paura - un brano della Parola di Dio Mettiamo sul tavolo tutti i mattoncini e scegliamo innanzitutto quelli doppi partendo dalla coppia che ha totalizzato il punteggio più alto. Mattone dopo mattone cerchiamo di costruire una strada che a seconda del momento sarà più o meno larga - elaborata - intricata. Se si vuole si può fare anche una versione che riguarda la propria storia passata. I campi da associare saranno in questo caso: - un numero da 1 a 10 che indichi il grado di importanza - un frutto che ne è derivato - un problema che ne è derivato Come fare un gioco simile anche in gruppo per disegnarne la strada? Raffaello ci dice che il bello è vivere già da ora il nostro sentirci "missionari" e "comunità" nella situazione in cui siamo con i mezzi e l'inventiva che abbiamo a disposizione. Mi sta bene. Ma deve essere chiaro che noi vogliamo fare sul serio, che siamo disposti a pagare dei prezzi significativi per realizzare la nostra vocazione. Deve essere chiaro che non vogliamo accontentarci di scorciatoie o di compromessi di comodo. Dall'altra parte però il nostro punto di partenza mi dice, ma dove volete andare? Non basta la buona volontà occorre anche la preparazione... Ecco allora che mi verrebbe da pensare che abbiamo bisogno dimetterci ad imparare da qualcuno che certe cose le sta già facendo... qualche corso, incontro, etc... Ci sono dei bei corsi a cui potremmo partecipare, perché no?
26 marzo 2005
Questa mattina a leggere che padre Raffaello non ci accompagnerà nel nostro viaggio inbenin, un po' di cose mi sono cadute addosso. Non so bene quante. Subito mi sono sentito come tradito, come se la parola e la figura di Raffaello avesse perso punti ed importanza, e forse è proprio così. Dall'altra molta confusione di pensieri alla ricerca di un filo conduttore che potesse districare la matassa e illuminare il perché ci stiamo muovendo e cosa stiamo facendo. La risposta a cui sono arrivato è più che altro un'impressione, l'impressione di aver perso di vista l'inquietudine che ci animava (o mi animava?) prima di Natale. Da quando è iniziato questo nuovo anno mi sembra di aver messo la sordina a certe voci e pensieri, la proposta del benin e l'assenza di Raffaelo per il suo viaggio in sudamerica ha fatto il resto. Ma se ricordo bene quello che stavamo pensando di dirgli a gennaio era la seguente proposta: p. Raffaello dacci un progetto concreto su cui possiamo lavorarci, non so se poi decideremo di partire o meno ma sin da ora vogliamo cominciare a lavorarci sopra. Invece non glielo abbiamo detto chiaro, forse abbiamo cercato di comunicarglielo indirettamente, ma lui non ha inteso, forse mi viene da dire non ha ascoltato bene. E allora perché fare questo viaggio? Mi rimangono due ragioni:
- fare un'esperienza di gruppo forte
- visitare un paese nuovo
Basteranno? E il nostro antico proposito di cominciare a lavorare su di un progetto di missione concreto, che fine fa? Come si inserisce in questo panorama di cose? Cosa ci fa insistere con i Comboniani? Non certo la loro affidabilità o organizzazione. La mancanza di alternative forse? Non credo partiremo come volontari internazionali con qualche ong, il nostro profilo professionale non sembra molto appetibile a proposito, l'unica alternativa che sembra sensata potrebbe essere lo SVI, ma sarebbe un percorso di due anni a Brescia... O effettivamente un legame forte con il carisma comboniano? Per quanto riguarda l'organizzazione poi, il dire che vogliamo cominciare a lavorare su di un progetto è proprio per poterlo organizzare almeno quanto basta e non lasciarlo in balia di comboniani che vanno e vengono, che hanno mille cose da seguire, e che infine devono dipendere strettamente dal loro istituto.
31 marzo 2005
Il biglietto è pagato e le ferie quasi assicurate... Quindi molto probabilmente alla fine AFRICA. È stata una decisione dura. Siamo stati sul punto da pensare seriamente di andare per i conti nostri,... magari in Perù. Ma alla fine ci è sembrato ci venisse stranamente chiesto proprio questo viaggio, con questi compagni di viaggio. E poi Silvia ha un conto aperto con l'Africa che è bene vada sistemato. È stata Silvia stessa a convincermi sul si finale. Soprattutto facendomi intravedere un possibile percorso futuro... Insistiamo ancora un po' con Raffaello cercando chiaramente di fargli capire cosa stiamo cercando. Poi a settembre eventualmente iniziamo il corso dello svi a Brescia. Mi sembrano passi concreti. Così mi piace...!
27 aprile 2005
Il tempo passa, e a guardare le date anche molto velocemente. Tanti vorremmo ma alla fine si rimanda sempre. È da tempo che ci diciamo che dobbiamo rincontrarci ed ancora non ci siamo riusciti. Nel frattempo abbiamo anche un viaggio in Africa da organizzare! Detto questo, questa sera mi veniva in mente questo concetto. La comunità è un desiderio già ben presente ora, quindi sin da ora dobbiamo riuscire a trovare una forma per realizzarla. Probabilmente la concretizzazione fisica avverrà solo tra qualche anno a seconda delle strade che prenderemo lavoro/esperienze di missione, ma perché non sperimentare ora una formula che ci faccia essere e sentire comunità pur vivendo lontani? Si può fare, a diversi livelli ed in diversi modi. Solo alcune delle idee: momenti di preghiera in posti diversi ma contemporaneamente, accoglienza reciproca con pranzi o cene periodiche di casa in casa (già lo facciamo, ma una cosa è l'occasionalità, un'altra la regolarità), accoglienza verso altri (che magari ci vengono indicati dai combo, e a cui possiamo essere di qualche aiuto), momenti di svago in comune, momenti di lavoro in comune, impegni in comune come quello di essere punto di riferimento per alcuni laici missionari, scelte si sobrietà che vengono assunte come gruppo ma che poi ognuno è chiamato a realizzare nella propria quotidianità.
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