Ricercare la giustizia: sobrietà, stili di vita e impegno sociale |
Cammino Laici Missionari Comboniani Venegono Superiore, 26 Marzo 2006
Dal Salmo 65 Recitiamo il salmo a cori alterni donne e uomini Cantiamo al Signore un canto nuovo, un nuovo salmo di lode gioiosa; raccolga la voce di tutti gli uomini per benedire il Signore del mondo
Diciamo a Dio in tute le lingue: "Santo, Santo, Santo è il Signore, Dio Onnipotente Padre amoroso, Osanna, Osanna nell'alto dei cieli".
Cantiamo gioiosi le gesta di Dio, i suoi progetti, le sue pazienze nel trasformare la storia dell'uomo in una storia che porti salvezza.
La forza Sua, la sua onnipotenza è un grande amore, è la forza di viviere che dona al mondo, ad ogni uomo come sostegno al suo incerto passo.
Uniamoci a lodare il Signore perché ci guida con mano sicura sui mille sentieri che abbiamo tracciato per arrivare alla luce, alla pace.
Lui è sostegno in tutte le prove e cura pietoso le molte ferite che segnano l'anima di ogni credente; suo olio e suo vino è l'amore gratuito.
Guistizia di Dio è far crescere il bene, l'amore, la pace e il servizio fraterno; seminarli nei cuori e vederli ondeggiare come una messe matura al raccolto.
Guidizio di Dio è vincere il male, la violenza. Il soppruso e l'ipocrisia benpensante; sconfiggere l'odio e l'antico nemico che ancora trama nel cuore dell'uomo.
A dio che era, che è, che viene come signore di tutti gli uomini e le donne nella giustizia nella verità dell'Amore il canto e la lode di tutti i credenti.
Dal Vangelo di Marco (Mc 11, 11-24) Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento. Quando venne la sera uscirono dalla città.
Silenzio e meditazione
Liberamente, chi se la sente, leggerà un versetto della preghiera
Signore, benedici le mie mani, perché siano delicate senza mai imprigionare, sappiano dare senza calcolo, ed abbiano la forza di consolare e benedire.
Signore, benedici i miei occhi, perché sappiano vedere il bisogno, e non ignorino ciò che è poco appariscente; vedano oltre la superficie, perché gli altri si sentano al loro agio sotto il mio sguardo.
Signore, benedici i miei orecchi, perché riescano ad udire la tua voce, ed avvertano sveltamente il grido di chi è in difficoltà; sappiano essere sordi ai rumori e alle chiacchiere inutili, ma non alle voci che invocano un po' d'ascolto e di comprensione, anche se turbano le mie comodità.
Signore, benedici la mia bocca, perché ti renda testimonianza e non dica mai nulla che ferisca o distrugga, perché prononci soltanto parole risanatrici e non tradisca le confidenze di segreti, ma faccia sbocciare il sorriso.
Signore, benedici il mio cuore, perché sia il tempio vivo del Tuo Spirito e sappia dar calore e rifugio, sia ricco di perdono e di comprensione, e sappia condividere il dolore e la gioia con amore. Fa che tu possa disporre di me, mio Dio, con tutto ciò che ho e sono. Amen
Cammino Laici Missionari Comboniani Venegono Superiore 26 Marzo 2006 Ricercare la giustizia: sobrietà, stili di vita e impegno sociale
RIFLESSIONE
Il Vangelo di Marco si colloca all'inizio della settimana che condurrà Gesù alla morte ed è situato in mezzo al racconto della "maledizione del fico sterile". Conoscete questo brano? Il primo giorno, dopo che Gesù entra a Gerusalemme e nel Tempio non dice nulla ma "dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i dodici diretto a Betania". Gesù dà una valutazione globale della situazione (guardare ogni cosa attorno) e ci offre un esempio di quello che dobbiamo fare: guardare e riflettere prima di giudicare, cercare di capire, non stupirci di una situazione difficile. E poi si dirige a Betania per passare una notte nella preghiera invitandoci, dopo aver analizzato il problema, a rifugiarci anche noi nella preghiera. Sulla strada per Betania incontra un albero di fico, immagine del popolo di Israele, e si ferma poiché ha fame. La sua è fame di comunione con la gente, il suo popolo che dovrebbe dare frutti "ma non trovò altro che foglie". Ed è la visione di Gesù che trova apparenza (le foglie) e sotto l'apparenza niente. E Gesù maledice il fico "nessuno possa più mangiare i tuoi frutti". Il fico seccherà il giorno dopo. Gesù intende con queste parole scuotere un sistema sbagliato, tutto dedito all'apparenza. E noi? Ci ritroviamo in questo sistema? Poi Gesù, torna nel Tempio: non si limita alla riflessione e alla preghiera! Il suo gesto è una denuncia. Egli denuncia gli abusi di cui i sacerdoti (noi cristiani) sono responsabili. È un altro esempio di quello che dobbiamo fare? Forse ci chiede di essere sovversivi, di non accontentarci di questo sistema che difende (a volte con orgoglio e fanatismo) la religione, i principi e gli ideali ma che non si impegna a costruire in maniera sana e vera il Regno di Dio.
PER APPROFONDIRE
Lettura dell'impegno sociale in Comboni (di Alex Zanotelli) Giovane, ti sei accorto che vivi in un sistema di morte? Ti sei mai domandato che cosa puoi fare? A questa precisa domanda Daniele Comboni, che viveva nel 19° secolo, ha risposto impegnando tutta la sua vita. Tu sai che il 5 ottobre Daniele Comboni verrà proclamato santo. A dire il vero Comboni mi è sempre piaciuto così: un uomo che ha dato la sua vita per l'Africa perché anche allora era il continente crocifisso. Mi piace così Comboni: un uomo in carne ed ossa così simile a noi povera gente che deve sbattersela senza capirci molto, che è stato accusato di tutto ed è morto con il fegato a pezzi a Khartoum (Sudan) nel 1881. L'avrei preferito senza tante aureole che ce lo possono allontanare. Ma allora perché proclamarlo santo? Cosa significa proclamare santo Comboni nel momento in cui vediamo questo nostro mondo marciare dritto verso la morte? Penso che quest'uomo ora dichiarato santo può essere uno stimolo per te a capire che la vita è bella, quando la doni per qualcosa che vale. Comboni ci riporta alla sequela di Gesù, all'impegno concreto all'azione, che nasce dal Buon Pastore che dà la vita. Ritroviamo tutto questo in quella splendida omelia che Comboni tenne a Khartoum, la capitale del Sudan, nel giorno del suo insediamento (1873).
Il primo amore... È stato uno dei discorsi più belli della sua vita. "Il primo amore della mia giovinezza fu per l'infelice Nigrizia" (era la parola latina per indicare l'Africa). "Il primo amore"... c'è un amore ancora più passionale che quello tra un uomo ed una donna. È quell'amore che ti porta a buttare la vita per qualcosa che vale. Gesù diceva: Fratello, se la tua vita la tieni a denti stretti, sei già fregato, sei già morto. Ma se tu sei capace di perdere la tua vita, di buttarla... sei vivo! L'amore è questa capacità di perdere la propria vita come ha fatto Gesù, in quella Galilea di disperati, e di buttarla per la sua gente. Comboni l'ha buttata per l'infelice Nigrizia. Era l'Africa alla vigilia del Congresso di Berlino: un continente pronto per le potenze colonizzatrici, un'Africa dissanguata per tre secoli dalla tratta degli schiavi (Comboni ha lottato tanto contro quella tratta!). Come missionario, sente profondamente che la tua vita ha un significato se è data per chi soffre in nome dell'Abbà (papà) alla sequela di Gesù. "Il primo amore" della mia giovinezza.... E tu, giovane, cosa te ne fai della vita? Te la tieni stretta per te? Carissimo, solo il giorno in cui la tua vita la butterai scoprirai la gioia del vivere. Una vita buttata per costruire un mondo che sia altro da quello che abbiamo fra le mani: un mondo dove ogni volto abbia la propria dignità.
Una fedeltà per sempre, fino all'ultimo respiro Il Comboni dopo cocenti sconfitte è rimasto fedele a quel suo primo amore... e tu? Dopo i primi fallimenti hai già mollato tutto? Non ascolti l'immenso grido dei poveri, non t'accorgi dell'immenso clamore degli oppressi, non senti dentro questa passione per i volti? Comboni dopo le sconfitte è ritornato lì dove aveva lasciato il suo cuore, in Sudan: "Ritorno fra voi per mai più cessare di essere vostro. Il giorno e la notte sempre pronto ai vostri spirituali bisogni; il vostro bene sarà il mio bene, le vostre pene pure le mie". È questo bisogno di ritorno tra voi che mi ha obbligato a ridiscendere agli inferi a Korogocho e a camminare per 12 anni, per 12 duri anni, con gli esuberi della terra. È stato questo che ha portato p. Daniele Moschetti a fare la staffetta a Korogocho, per ‘esserci' nei bassifondi della storia. È la scelta di Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace, che dal carcere sta sfidando l'apparato militare della Birmania. È la scelta di Rachel Corrie, pacifista americana: si è lasciata schiacciare da una ruspa israeliana per la difesa dei diritti del popolo palestinese. È la scelta di Matthew Lukwyia, che ha deciso di rimanere nell'ospedale di Lacor (Uganda) per la lotta contro l'ebola, pagando questa decisione coscientemente con la vita. È la scelta di due nostri magistrati, Falcone e Borsellino, di mettere la propria vita a disposizione nella lotta contro la mafia, fino a pagare con il sangue a Palermo. È la scelta della giornalista Ilaria Alpi, che ha pagato con la vita a Mogadiscio la sua volontà di scoprire la verità sul commercio delle armi e il traffico di rifiuti in Somalia. Carissimo giovane, non ti mancano gli esempi. La vuoi buttare questa tua vita per qualcosa che vale?
Come Gesù di Nazaret e le piccole comunità "Io ritorno fra voi per non mai più cessare di essere vostro", diceva sempre Comboni. "Il giorno e la notte, il sole e la pioggia mi troveranno egualmente pronto ai vostri spirituali bisogni. Il vostro bene sarà il mio e le vostre pene saranno pure le mie". Comboni era inebriato di Dio e solo quando uno è inebriato di Dio in carne ed ossa può buttare la propria vita. Un Dio che sogna il suo popolo Israele come società alternativa all'impero e alle città stato, costruite su profonde disuguaglianze e ingiustizie. Questo sogno ha preso corpo e volto in Gesù, il carpentiere di Nazaret che ha solidarizzato con i poveri a immagine di quel Dio che lui chiamava Abbà: il Dio dei poveri, degli ultimi, degli schiavi e degli emarginati. Ha solidarizzato a tal punto che l'impero lo ha visto come una minaccia e lo ha condannato ad essere crocifisso, una morte riservata agli schiavi e ai sobillatori contro Roma. A quello schiavo crocifisso l'Abbà è rimasto fedele: Gesù è risorto e nel suo nome si rilancia il sogno sulle strade dell'impero. Il Dio che ci ha rivelato Gesù è il Dio della vita, che vuole che tutti i suoi figli vivano. Giovane, sei disposto a convertirti a questo Dio, il Dio di Gesù? La prima conversione è quella personale. Seguendo questo Gesù, sei disposto a giocarti la vita con i tanti tuoi fratelli condannati a morte? "Nella vita delle chiese fino ad oggi si è prestata molta attenzione alla dimensione personale - diceva qualche anno fa l'arcivescovo Denis Hurley di Durban (Sudafrica), uno dei giganti nella resistenza contro il sistema dell'apartheid -; è giunto il momento ora di dedicarsi nella stessa misura e possibilmente anche di più alla trasformazione sociale". Caro giovane, non è più sufficiente una conversione personale: questa deve oggi diventare conversione sociale, economica, politica, culturale, antropologica. E' un salto di qualità umana che ti viene richiesto: oggi deve nascere un uomo nuovo, direbbe Paolo, un uomo planetario, direbbe Balducci. Giovane, devi cambiare un mondo. Per farlo devi cambiare il tuo stile di vita, renditi conto: devi pensare globalmente, ma agire localmente. Ricordati però che non puoi resistere da solo, lo puoi fare solo in comunità alternative all'impero. Appartieni già ad una comunità alternativa? Svegliati! Guardati intorno, sono tante le esperienze di r...esistenza già nate o che stanno nascendo.
Perché la vita vinca "Io prendo a far causa comune con ognuno di voi - concludeva Comboni in quella sua prima omelia a Khartoum - e il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò dare la mia vita per voi". Lui, Comboni, la vita l'ha data per l'Africa. E tu? So che quello che ti chiedo non è facile. So che comporta una conversione personale molto impegnativa che dovrà poi essere stimolo per una trasformazione sociale nel tuo ambiente di vita ma anche a livello planetario. Solo così renderemo degna la memoria di quest'uomo che oggi veneriamo come santo.
Impariamo a resistere! (di Alex Zanotelli) Sono le comunità che devono resistere, ma la resistenza si paga sempre: "Attenti! Colui che deve andare in prigionia andrà in prigionia! Colui che dovrà essere ucciso di spada, di spada sarà ucciso! Perché, guardate, in questo sta la fede e la costanza dei santi". Volete resistere? Sappiate che la resistenza implica il martirio. Il martirio non è soltanto quello fisico, ma anche e soprattutto, oggi, quello psicologico. Per esempio, in un incontro che ho avuto a Verona, fra tutta la gente che c'era, ad un certo punto si è alzata una donna e ha detto. "Questo sistema è veramente terribile... se tu fai delle scelte subito vieni aggredito. Per esempio i miei bambini, che si confrontano con gli altri bambini, sono venuti a dirmi: Mamma, perché tu sei matta? Ma nessuno fa cose del genere!" Ed è veramente così! Ricordatevi che qualunque scelta voi fate, se è controcorrente lo sentite! Per questo non chiedo a nessuno l'eroismo. Chiedo solo di fare quello che si può. Se ognuno fa quello che può, alla fine riusciremo a costruire qualcosa di bello. Ma l'eroismo posso chiederlo solo a me, non a qualcun altro, perché anche solo le piccole cose si pagano. La resistenza, l'opposizione, la denuncia... dobbiamo metterci in testa che si pagano in mille maniere. Ecco la prima bestia: il potere economico, che ha stravinto, che penetra dappertutto, che ci schiaccia, che produce le vittime, soprattutto al Sud. Ed ecco allora il significato della resistenza: bisogna resistere per svelare, per smascherare la bestia e lottare contro di essa.
Una religione che nasconde o che denuncia? E la seconda bestia? Ai tempi dell'impero romano abbiamo visto che era la religione. Oggi la religione è talmente asservita al potere che non ha potere. Le Chiese non disturbano. Io sono d'accordo con quei biblisti americani che sostengono che le Chiese sono idolatre e parte integrante dell'impero. Noi in Italia non ne siamo molto lontani. Pensiamo a Hitler, a Mussolini che ha usato i Patti lateranesi, a come in questi ultimi quarant'anni il potere politico ha usato la Chiesa. Oggi non è la religione che potrebbe dare problemi. Come Roma usava i templi, i sommi sacerdoti, l'aristocrazia sacerdotale per creare l'ideologia imperante della Roma eterna, del culto imperiale, così oggi il potere economico usa i mass-media. È la televisione per noi, oggi, la seconda bestia. È con la televisione che siamo resi dei tubi digerenti. Si è stimato che un individuo mediamente trascorre tre anni della propria vita a guardare la pubblicità. Tre anni! Per forza che vengono assimilati! E con questo meccanismo passa l'ideologia. Non ci fanno vedere il grido di chi soffre e paga per il nostro modo di vivere. Il messaggio che arriva a noi è che mai siamo stati in un mondo così bello come quello di oggi... è il migliore di tutti gli imperi, mai si è vista una grandezza simile... ma di che cosa vi lamentate? Che cosa volete di più? E questo arriva a noi con la televisione in una maniera così dolce e così soave. Questa è la bestia che ci mette nel giro, che ci illude sull'impero, che ci fa vedere una precisa immagine dell'impero quando la realtà è ben altra e non fa altro che renderci tubi digerenti. Il messaggio principale di questa seconda bestia è chiaro: consumare. Perché questo è lo scopo di tutto l'impero economico. Noi dobbiamo consumare quello che produce, senza fare domande. E la televisione è uno strumento che funziona benissimo a questo scopo. Pensiamo poi al significato del marchio della bestia: se volete vivere in quest'impero dovete avere quel marchio, altrimenti non commerciate, non fate fortuna! Oggi il marchio è economico. Non abbiate paura! Non è dio questo impero! Ha un nome d'uomo! Il cuore della profezia è questo impero che sembra essere invincibile, ma è mortale! È la statua che ha i piedi di argilla. Come per Daniele, è sufficiente un nulla, un sassolino che rotola via spontaneamente (evidentemente è sospinto da Dio) andando a toccare i piedi della statua... e questo immenso impero di oro crolla. Ecco da dove nasce la speranza: non abbiate paura, Dio è Dio, Babilonia è caduta. Ci sono voluti trecento anni prima che Roma cadesse, ma per il profeta era già caduta, non bisognava averne paura, bisognava resistere. Il timore del profeta è che le comunità si adattino alla cultura dominante e finiscano per tacere. I cristiani, invece, non sono chiamati ad essere il termometro della società, ma il termostato. Ed è questo che hanno fatto le prime comunità. Alla fine hanno fatto crollare l'impero con la loro resistenza.
La speranza nasce dalla parola Anche per noi oggi c'è questo invito alla speranza. Se c'è una cosa di cui dobbiamo avere paura è di aver paura. La speranza nasce dalla Parola. La Parola diventa liberante al massimo, ci fa leggere, ci dà forza. Io vi ho dato la chiave di volta per leggere, ma ora sta a voi. Nella comunità ognuno deve chiedersi come sta vivendo e sperimentando la bestia, come può resistere la comunità. Il mio personale invito è quello di costruire piccole comunità cristiane. Non si può resistere senza una comunità che abbia al suo centro la Parola che è quella leva che Archimede chiedeva per sollevare il mondo, che ci permette di guardare con altri occhi la realtà. Dentro le comunità c'è bisogno anche degli atei che sono una ricchezza per i credenti, perché permette loro di fare un po' di sana autocritica.
Comunità per credere e per resistere È importante che dietro ad ogni piccola iniziativa ci sia una comunità per ritrovarsi, leggere la Parola che porta all'analisi sociale (fondamentale per resistere) e alla resistenza mirata. Non potete resistere a tutto, impegnarvi su tutti i fronti, sul nucleare, sugli immigrati, sulla pace, sul commercio, sull'informazione... è impossibile! Ogni comunità dovrebbe assumersi un impegno preciso (già questo sistema ci impegna e ci fa correre da tutte le parti) per poi connettersi con le altre comunità. Non aspettatevi nulla dall'alto, dall'alto sta arrivando solamente distruzione. È dal basso che nascerà qualche cosa di nuovo e tocca a tutti noi farla nascere. Qui sta l'importanza della Parola, dell'analisi sociale e dell'impegno in piccole comunità cristiane. Piccole comunità cristiane di dieci o quindici persone che si ritrovano una volta alla settimana o ogni quindici giorni a fare insieme questo percorso.
Gc 2, 14-26 (La fede e le opere) Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede. Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Ma vuoi sapere, o insensato, come la fede senza le opere è senza calore? Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere, quando offrì Isacco, suo figlio, sull'altare? Vedi che la fede cooperava con le opere di lui, e che per le opere quella fede divenne perfetta e si compì la Scrittura che dice: E Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato a giustizia, e fu chiamato amico di Dio. Vedete che l'uomo viene giustificato in base alle opere e non soltanto in base alla fede. Così anche Raab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli rimandati per altra via? Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.
L'attività umana elevata a perfezione nel mistero pasquale. (Gaudium et spes) Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò nella storia del mondo come uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé. Egli ci rivela « che Dio è carità » (1Gv 4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell'amore. Coloro pertanto che credono alla carità divina, sono da lui resi certi che la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani. Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita. Accettando di morire per noi tutti peccatori, egli ci insegna con il suo esempio che è necessario anche portare quella croce che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, agisce ora nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito; non solo suscita il desiderio del mondo futuro, ma con ciò stesso ispira anche, purifica e fortifica quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta al desiderio della dimora celeste, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio terreno degli uomini, così da preparare-attraverso tale loro ministero quasi la materia per il regno dei cieli. Di tutti, però, fa degli uomini liberi, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e convogliando tutte le forze terrene verso la vita umana, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà offerta accetta a Dio. Un pegno di questa speranza e un alimento per il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono trasmutati nel Corpo e nel Sangue glorioso di lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito del cielo.
Terra nuova e cielo nuovo. (Gaudium et spes) Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia , e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini . Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l'incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo. Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace ». Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.
Dagli scritti del Comboni LETTERA CIRCOLARE AL CLERO DEL VICARIATO El-Obeid, 10 agosto 1873 Un altro deplorabile delitto abbiamo da compiangere in taluno dei nostri fedeli, ed è la cooperazione diretta o indiretta al disumano commercio degli schiavi, ed alla orribile tratta dei neri. Sono tanto là trascorsi alcuni, da considerare i neri, come una specie diversa di esseri dagli uomini, e media tra i puri animali e l'uomo: pretendono quindi, che i neri per loro condizione debbano essere schiavi, e che debbano servire come un articolo di speculazioni industriali. Perciò con massimo nostro dolore abbiamo appreso che v'ha taluno dei cristiani, i quali con danaro o con armi prestano aiuto a coloro che vanno violentemente a strappare dalle loro famiglie e rapire dai loro paesi queste infelicissime vittime della più spietata barbarie, che sono nostri dilettissimi Figli e preziosa nostra eredità Non vi ha poi quasi nessuno fra i cristiani del nostro Vicariato, che pensi a fare istruire i loro servi neri nella vera Religione, come impone loro Iddio nel quarto dei suoi comandamenti, meritandosi perciò il rimprovero dell'Apostolo che, "qui suorum et maxime domesticorum curam non habet, fidem negavit, et est infideli deterior" (I. ad Tim. 5). L'animo nostro altamente indegnato contro gli autori di questi delitti, si rivolge a Voi, dilettissimi Cooperatori in quest'ardua e laboriosa Vigna di Cristo, perché facciate conoscere a tutti i nostri fedeli, che Noi a nome della Religione e dell'umanità detestiamo e vietiamo questo disumano commercio. Volendo perciò Noi provvedere per quanto ci è possibile al bene spirituale del nostro dilettissimo Vicariato, vi ordiniamo di annunziar loro, che senza grave peccato non possono né vendere essi stessi i neri, né donarli a chi non può loro procurare l'eterna salvezza, né imprestar denaro o munizioni a quelli che vanno a strapparli violentemente dal loro paese, e molto meno rubarli o farli rubare per conto loro, né in qualsiasi altra maniera cooperare a questo infame traffico, e che sono tenuti di trattare umanamente e di istruire o far istruire quelli che hanno od avranno nella vera Religione.
AL CARD. ALESSANDRO BARNABÒ El-Obeid, Cordofan, 20 agosto 1873 Noi tutti siamo profondamente convinti che la grazia del Sacratissimo Cuore di Gesù ci farà trionfare di tutti gli ostacoli che il mondo e l'inferno ha suscitato sinora contro la rigenerazione di questi popoli infelicissimi; e che fra non molto la S. Chiesa li potrà annoverare definitivamente fra i suoi diletti figli Siccome a rubare, strappare, vendere e comprare i poveri negri hanno gran parte i nostri cattolici, così ai primi del corrente mese ho emanato una Circolare contro la tratta dei negri, ricordando le severe censure dei Romani Pontefici etc. Fu pubblicata e letta in arabo a Khartum dal pergamo, ed ha spaventato tutti, e cattolici, ed eretici e turchi, poiché l'E. V. dee sapere che la tratta dei negri è qui una delle principali risorse dei negozianti e del governo. Sono cose orribili quelle di cui noi siamo testimoni che si commettono contro questi poveri negri. Ma stiamo lavorando, nei ritagli di tempo che rubiamo alle occupazioni nostre, una relazione all'E. V. sugli orrori della schiavitù e della tratta dei negri, che è nel massimo vigore. Il Cuore di Gesù ci aiuterà a compiere bene questa parte della missione del Vicariato. Ho comperato e pagato un terreno magrissimo a un'ora da El-Obeid, per mandarvi a lavorare, e vivere del prodotto di esso gli schiavi liberati. Il terreno è grande come dalla Propaganda alla Basilica di S. Pietro al Vaticano. Produce nel tempo delle piogge dal maggio al novembre. Ho pure comprata e pagata una nuova casa a pochi passi dalla Missione, che ho destinata per le Suore, che ora devono essere partite dal Cairo. Spero che in due anni la missione del Cordofan non avrà che pochissimo bisogno dell'Europa per sussistere. Noi ora siam lieti di soffrire per far risparmi per la Missione: non beviamo mai vino, e il nostro regime di vita è parco; ma è più conforme a questo clima, ed a conservarci sani nell'anima e nel corpo.
Provocazioni per riflettere
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