Lo sguardo di Comboni e dell'Istituto dei Missionari Comboniani sui Laici Stampa

Domenica 30 ottobre 2005

Laici missionari comboniani



"Lo sguardo di Comboni e dell'Istituto dei Missionari Comboniani sui Laici"



Brani suggeriti per la riflessione personale

 

Dalla prima lettera di San Pietro (1Pt 2,4-10)

Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.

Si legge infatti nella Scrittura:

Ecco io pongo in Sion

una pietra angolare, scelta, preziosa

e chi crede in essa non resterà confuso.

Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli

la pietra che i costruttori hanno scartato

è divenuta la pietra angolare,

sasso d'inciampo e pietra di scandalo.

Loro v'inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia.



Da "Essere in missione" di Danilo Zanella (in "Camminare senza confini" di p. Teresino Serra)

Essere in missione vuol dire ricerca di Dio e della sua "sapienza dai mille volti" presso tutti i popoli, i ceti sociali, gli individui. È ricerca di nuovi terreni, sui quali il seme della parola di Dio possa essere gettato con generosità, sapendo che molto andrà perduto, e che con il grano crescerà la gramigna; pronti a lodare il Padre, quando ci accorgeremo che il raccolto è maturo mentre noi dormivamo e anche là dove altri hanno seminato. È l'integrale liberazione dell'uomo che continua nella storia.

Essere in missione è credere nella nostra vocazione di annunciatori di Cristo. È bene precisare subito che per vocazione missionaria si intende la chiamata a uscire dalla propria terra, dalla propria gente, per andare là dove la Chiesa non è ancora presente come comunità di vita o dove non è sufficientemente sviluppata. In seguito si può affermare che, in terra cristiana, tutti dobbiamo essere missionari. Missionario, si dice, non è soltanto colui che parte per paesi lontani, ma lo sono anche tutti coloro che, nel proprio ambiente, vivono e testimoniano la fede cristiana. Missionario è chi resta e aiuta chi parte. È vero e può essere anche consolante. Occorre però non confondere le due cose, che sono due aspetti differenti della stessa missione. Sono due vocazioni distinte, sono due modi di "essere in missione". È urgente che ai cristiani, soprattutto ai giovani, non si nasconda la realtà che oggi Gesù Cristo è ancora uno sconosciuto per tre quarti dell'umanità e che terra di missione sono i quasi cinque miliardi di uomini e di donne che non conoscono il Vangelo. Bisogna credere nei giovani e proporre loro molto chiaramente la chiamata alla vocazione missionaria ad Gentes. La vocazione missionaria deve tentare ancora il meglio dei giovani. Perché c'è sempre, tra vocazione missionaria e giovani, una specie di complicità.



Da "Volontà di Dio" di Madeleine Delbrel (in "La gioia di credere" di Madeleine Delbrel)

Volontà di Dio... 1950

Poiché Dio vuole che noi facciamo certe cose, non bisogna però che queste cose divengano in se stesse la volontà di Dio. Il fine della nostra volontà resta la volontà di Dio, non le cose che essa ci domanda di fare. "Colui che agisce per mezzo dello Spirito di Dio, quello è figlio di Dio". "Colui che è nato dallo Spirito non sa né donde viene né donde va".

La nostra "opera", il nostro "compito" è la volontà di Dio e la volontà di Dio non si "opera" che nella fede.

Tutti gli atti che ci sono richiesti dalla volontà di Dio e che attuano le nostre facoltà naturali non sono validi su quel piano se non sono animati dalla fede, se non sono atti di fede. La prova che sono atti di fede è che noi sappiamo porre - fin dal momento che ci è domandato - degli atti di fede pura, dove ragione logica intelligenza sono sacrificate.

E perché tutti i nostri atti siano utilizzabili per la salvezza del mondo, perché esse abbiano il loro potenziale di evangelizzazione bisogna che, anche quando cuciniamo o pranziamo con qualcuno, i nostri atti siano pieni di fede, d'una fede tanto necessaria quanto se avessimo da risuscitare un morto.



Madre Teresa di Calcutta

Un giorno madre Teresa chiese al suo direttore spirituale: «Come posso sapere che Dio mi chiama e a che cosa mi chiama?» e questa la risposta: «Lo saprai dalla tua serenità interiore. La profonda letizia del cuore è come una specie di bussola che indica il sentiero da seguire nella vita. Dobbiamo seguirla, perfino quando questa bussola ci conduce per un cammino che potrebbe essere disseminato di difficoltà.»

 

La ricerca di una risposta alle seguenti domande può aiutarci a riflettere su ciò che siamo e su ciò che vogliamo impegnarci a migliorare come laici missionari.

  • Cosa significa per me essere "laico missionario"?
  • In che modo la Chiesa manifesta la propria fiducia nei laici?
  • Mi sento parte della famiglia comboniana con la particolarità di laico? In che modo?
  • Mi faccio carico, come laico missionario, dei bisogni dei laici comboniani in missione? Come?
  • Mi faccio carico, come laico missionario, dei bisogni della mia Chiesa locale? Come?
  • Che tipo di relazione intrattengo con la realtà della mia parrocchia?