Missione ad gentes: spunti di riflessione Stampa

GLI IMMENSI ORIZZONTI DELLA MISSIONE AD GENTES

L'attività missionaria che chiamiamo missione ad gentes in riferimento al decreto conciliare: si tratta di un'attività primaria della chiesa, essenziale e mai conclusa. Infatti, la chiesa "non può sottrarsi alla missione permanente di portare il vangelo a quanti sono milioni e milioni di uomini e donne che ancora non conoscono Cristo, redentore dell'uomo. È questo il compito più specificamente missionario che Gesù ha affidato e quotidianamente affida alla sua chiesa".

 

La missione ad gentes conserva il suo valore

Le differenze nell'attività all'interno dell'unica missione della chiesa nascono non da ragioni intrinseche alla missione stessa, ma dalle diverse circostanze in cui essa si svolge. Guardando al mondo d'oggi dal punto di vista dell'evangelizzazione, si possono distinguere tre situazioni. Anzitutto, quella a cui si rivolge l'attività missionaria della chiesa: popoli, gruppi umani, contesti socio-culturali in cui Cristo e il suo vangelo non sono conosciuti, o in cui mancano comunità cristiane abbastanza mature da poter incarnare la fede nel proprio ambiente e annunziarla ad altri gruppi. È, questa, propriamente la missione ad gentes. Ci sono, poi, comunità cristiane che hanno adeguate e solide strutture ecclesiali, sono ferventi di fede e di vita, irradiano la testimonianza del vangelo nel loro ambiente e sentono l'impegno della missione universale. In esse si svolge l'attività, o cura pastorale della chiesa. Esiste, infine, una situazione intermedia, specie nei paesi di antica cristianità, ma a volte anche nelle chiese più giovani, dove interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della chiesa, conducendo un'esistenza lontana da Cristo e dal suo vangelo. In questo caso c'è bisogno di una "nuova evangelizzazione", o "rievangelizzazione".

L'attività missionaria specifica, o missione ad gentes, ha come destinatari "i popoli e i gruppi che ancora non credono in Cristo", "coloro che sono lontani da Cristo", tra i quali la chiesa "non ha ancora messo radici e la cui cultura non è stata ancora influenzata dal vangelo. Essa si distingue dalle altre attività ecclesiali, perché si rivolge a gruppi e ambienti non cristiani per l'assenza o insufficienza dell'annunzio evangelico e della presenza ecclesiale. Pertanto, si caratterizza come opera di annunzio del Cristo e del suo vangelo, di edificazione della chiesa locale, di promozione dei valori del regno. La peculiarità di questa missione ad gentes deriva dal fatto che si rivolge ai non cristiani. Occorre, perciò, evitare che tale "compito più specificamente missionario, che Gesù ha affidato e quotidianamente riaffida alla sua chiesa", subisca un appiattimento nella missione globale di tutto il popolo di Dio e, quindi, sia trascurato o dimenticato. D'altronde, i confini fra cura pastorale dei fedeli, nuova evangelizzazione e attività missionaria specifica non sono nettamente definibili, e non è pensabile creare tra di esse barriere o compartimenti-stagno. Bisogna, tuttavia, non perdere la tensione per l'annunzio e per la fondazione di nuove chiese presso popoli o gruppi umani, in cui ancora non esistono poiché questo è il compito primo della chiesa che è inviata a tutti i popoli, fino agli ultimi confini della terra. Senza la missione ad gentes la stessa dimensione missionaria della chiesa sarebbe priva del suo significato fondamentale e della sua attuazione esemplare. È da notare, altresì, una reale e crescente interdipendenza tra le varie attività salvifiche della chiesa: ciascuna influisce sull'altra, la stimola e la aiuta. Il dinamismo missionario crea scambio tra le chiese e orienta verso il mondo esterno, con influssi positivi in tutti i sensi. Le chiese di antica cristianità, ad esempio, alle prese col drammatico compito della nuova evangelizzazione, comprendono meglio che non possono essere missionarie verso i non cristiani di altri paesi e continenti, se non si preoccupano seriamente dei non cristiani in casa propria: la missionarietà ad intra è segno credibile e stimolo per quella ad extra, e viceversa.

 

I RESPONSABILI E GLI OPERATORI DELLA PASTORALE MISSIONARIA

 

Missionari e istituti “ad gentes”

Fra gli operatori della pastorale missionaria occupano tuttora, come in passato, un posto di fondamentale importanza quelle persone e istituzioni, a cui il decreto Ad gentes dedica lo speciale capitolo dal titolo: "I missionari". Al riguardo, s'impone un'approfondita riflessione, anzitutto, per i missionari stessi, che dai cambiamenti della missione possono essere indotti a non capir più il senso della loro vocazione, a non saper più che cosa precisamente la chiesa si attenda oggi da loro. Punto di riferimento sono queste parole del concilio: "Benché l'impegno di diffondere la fede ricada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione delle sue possibilità, Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, per averli con sé e per inviarli a predicare alle genti. Perciò, egli, per mezzo dello Spirito santo, che distribuisce come vuole i suoi carismi per il bene delle anime, accende nel cuore dei singoli la vocazione missionaria e insieme suscita in seno alla chiesa quelle istituzioni che si assumono come dovere specifico il compito dell'evangelizzazione, che riguarda tutta la chiesa". Si tratta, dunque, di una "vocazione speciale", modellata su quella degli apostoli. Essa si manifesta nella totalità dell'impegno per il servizio dell'evangelizzazione: è impegno che coinvolge tutta la persona e la vita del missionario, esigendo da lui una donazione senza limiti di forze e di tempo. Coloro che sono dotati di tale vocazione, "inviati dalla legittima autorità, si portano per spirito di fede e di obbedienza verso coloro che sono lontani da Cristo, riservandosi esclusivamente per quell'opera per la quale, come ministri del vangelo, sono stati assunti". I missionari devono sempre meditare sulla corrispondenza che il dono da loro ricevuto richiede e aggiornare la loro formazione dottrinale e apostolica.

Gli istituti missionari, poi, devono impiegare tutte le risorse necessarie, mettendo a frutto la loro esperienza e creatività nella fedeltà al carisma originario, per preparare adeguatamente i candidati e assicurare il ricambio delle energie spirituali, morali e fisiche dei loro membri. Si sentano essi parte viva della comunità ecclesiale e operino in comunione con essa. Difatti "ogni istituto è nato per la chiesa ed è tenuto ad arricchirla con le proprie caratteristiche secondo un particolare spirito e una missione speciale", e di una tale fedeltà al carisma originario gli stessi vescovi sono custodi. Gli istituti missionari sono nati in genere dalle chiese di antica cristianità e storicamente sono stati strumenti della congregazione di Propaganda Fide per la diffusione della fede e la fondazione di nuove chiese. Essi accolgono oggi in misura crescente candidati provenienti dalle giovani chiese che hanno fondato, mentre nuovi istituti sono sorti proprio nei paesi che prima ricevevano solo missionari e che oggi li mandano. È da lodare questa duplice tendenza, che dimostra la validità e l'attualità della specifica vocazione missionaria di questi istituti, tuttora "assolutamente necessari", non solo per l'attività missionaria ad gentes, com'è nella loro tradizione, ma anche per l'animazione missionaria sia nelle chiese di antica cristianità, sia in quelle più giovani. La vocazione speciale dei missionari ad vitam conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell'impegno missionario della chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi. I missionari e le missionarie, che hanno consacrato tutta la vita per testimoniare fra le genti il Risorto, non si lascino, dunque, intimorire da dubbi, incomprensioni, rifiuti, persecuzioni. Risveglino la grazia del loro carisma specifico e riprendano con coraggio il loro cammino, preferendo - in spirito di fede, obbedienza e comunione con i propri pastori - i posti più umili e ardui.

 

Tutti i laici sono missionari in forza del battesimo

I pontefici dell'età più recente hanno molto insistito sull'importanza del ruolo dei laici nell'attività missionaria. Nell'esortazione Christifideles laici anch'io ho trattato esplicitamente della "missione permanente di portare il vangelo a quanti - e sono milioni e milioni di uomini e di donne - ancora non conoscono Cristo redentore dell'uomo" e del corrispondente impegno dei fedeli laici. La missione è di tutto il popolo di Dio: anche se la fondazione di una nuova chiesa richiede l'eucaristia e, quindi, il ministero sacerdotale, tuttavia la missione, che si esplica in svariate forme, è compito di tutti i fedeli. La partecipazione dei laici all'espansione della fede risulta chiara, fin dai primi tempi del cristianesimo, a opera sia di singoli fedeli e famiglie, sia dell'intera comunità. Ciò ricordava già Pio XII, richiamando nella prima enciclica missionaria le vicende delle missioni laicali. Nei tempi moderni non è mancata la partecipazione attiva dei missionari laici e delle missionarie laiche. Come non ricordare l'importante ruolo svolto da queste, il loro lavoro nelle famiglie, nelle scuole, nella vita politica, sociale e culturale e, in particolare, il loro insegnamento della dottrina cristiana? Bisogna anzi riconoscere - ed è un titolo di onore - che alcune chiese hanno avuto inizio grazie all'attività dei laici e delle laiche missionarie. Il Vaticano II ha confermato questa tradizione, illustrando il carattere missionario di tutto il popolo di Dio in particolare l'apostolato dei laici e sottolineando il contributo specifico che essi son chiamati a dare nell'attività missionaria. La necessità che tutti i fedeli condividano tale responsabilità non è solo questione di efficacia apostolica, ma è un dovere-diritto fondato sulla dignità battesimale per cui "i fedeli partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio – sacerdotale, profetico e regale di Gesù Cristo". Essi, perciò, "sono tenuti all'obbligo generale e hanno diritto di impegnarsi, sia come singoli, sia riuniti in associazioni, perché l'annunzio della salvezza sia conosciuto e accolto da ogni uomo in ogni luogo; tale obbligo li vincola ancor di più in quelle situazioni in cui gli uomini non possono ascoltare il vangelo e conoscere Cristo se non per mezzo loro". Inoltre, per l'indole secolare che è loro propria, hanno la particolare vocazione a "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e orientandole secondo Dio".

I settori di presenza e di azione missionaria dei laici sono molto ampi. "Il primo campo... è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia..." sul piano locale, nazionale e internazionale. All'interno della chiesa si presentano vari tipi di servizi, funzioni, ministeri e forme di animazione della vita cristiana. Ricordo, quale novità emersa in non poche chiese nei tempi recenti, il grande sviluppo dei "movimenti ecclesiali", dotati di dinamismo missionario. Quando si inseriscono con umiltà nella vita delle chiese locali e sono accolti cordialmente da vescovi e sacerdoti nelle strutture diocesane e parrocchiali, i movimenti rappresentano un vero dono di Dio per la nuova evangelizzazione e per l'attività missionaria propriamente detta. Raccomando, quindi, di diffonderli e di avvalersene per ridare vigore, soprattutto tra i giovani, alla vita cristiana e all'evangelizzazione, in una visione pluralistica dei modi di associarsi e di esprimersi. Nell'attività missionaria sono da valorizzare le varie espressioni del laicato, rispettando la loro indole e finalità: associazioni del laicato missionario, organismi cristiani di volontariato internazionale, movimenti ecclesiali, gruppi e sodalizi di vario genere siano impegnati nella missione ad gentes e nella collaborazione con le chiese locali. In questo modo sarà favorita la crescita di un laicato maturo e responsabile, la cui "formazione... si pone nelle giovani chiese come elemento essenziale e irrinunciabile della plantatio ecclesiale".

Dalla lettera enciclica “Redemptoris Missio” di Sua Santità Giovanni Paolo II circa la permanente validità del mandato missionario (7 dicembre 1990)

 


Ai più poveri, con la passione di Comboni nel cuore


Siamo inviati ai popoli e ai gruppi umani più poveri ed emarginati: realtà di minoranze non raggiunte dalla Chiesa e trascurate dalla società; gruppi non ancora o non sufficientemente evangelizzati che vivono alle frontiere della povertà, per cause storiche e per gli effetti negativi della globalizzazione e dell'economia di mercato. Comboni aveva identificato questi popoli con la Nigrizia del suo tempo.

Oggi il legame della missione comboniana con l'Africa è carismatico e storico. Il perdurare in Africa di situazioni di prima evangelizzazione e di povertà e abbandono ci conferma nel vedere ancora l'Africa come scelta preferenziale, anche se non esclusiva.

Nella sua storia, l'Istituto è stato guidato dallo Spirito a scoprire autentiche situazioni di povertà e abbandono in altri continenti (Europa, America, Asia), a cui rispondere in forza del nostro carisma.

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Per rigenerare l'Africa con l'Africa

Comboni, con il suo motto rigenerare l'Africa con l'Africa, è convinto che la liberazione e la rinascita dell'Africa sono legate profondamente alla persona di Gesù e al suo Vangelo, e con gli stessi Africani protagonisti della propria storia.

Le realtà umane di povertà e abbandono, rigenerate dall'incontro con Cristo, diventano a loro volta protagoniste della rigenerazione di altre situazioni.

Il Piano di Comboni ed il suo stile di vita ci stimolano a condividere la nostra fede con questi popoli, affinché diventino una comunità nuova secondo il Vangelo.

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Sfide per l'Istituto comboniano

Oggi più che mai, ci sentiamo chiamati a solidarizzare con gli emarginati, promuovendo i diritti umani fondamentali e rimettendo la persona, non il profitto, al centro del progetto sociale. La testimonianza della nostra vita si accompagna, perciò, al lobbying, al networking e alla presenza e azione nelle attività di giustizia e pace, sia attraverso i mass media, come col sostenere ed assumere nelle nostre comunità progetti che tendono ad un'economia alternativa (es. banca etica, boicottaggio, consumo critico).

Dagli Atti Capitolari 2003


[...] L'apostolo suda non per sé, ma per l'eternità; non cerca altrimenti la sua, ma la felicità dei suoi simili, sa che l'opera sua con lui non muore, che la sua tomba è una culla di nuovi apostoli: e perciò misura i suoi passi non sempre coi suoi desideri, ma sempre colla necessaria prudenza di assicurare l'esito della redentrice impresa. I risultati di un primo apostolato sono massimi, ma per lo più anche segreti: il tempo si riserva di rivelarne alcuni; ma i più li conosce Dio solo. Il che se è vero generalmente di tutti, lo è molto di più di quello dell'Africa centrale. [...] (2171)

Il Missionario della Nigrizia spoglio affatto di tutto se stesso, e privo di ogni umano conforto, lavora unicamente pel suo Dio, per le anime le più abbandonate della terra, per l'eternità. Mosso egli dalla pura vista del suo Dio ha in tutte queste circostanze di che sostenersi e nutrire abbondantemente il proprio cuore, abbia egli in un tempo o vicino, o lontano, per mano altrui e colla propria a raccogliere il frutto dei suoi sudori e del suo Apostolato. Anzi il suo spirito non cerca a Dio le ragioni della Missione da lui ricevuta, ma opera sulla sua parola, e su quella de' suoi Rappresentanti, come docile strumento della sua adorabile volontà, ed in ogni evento ripete con profonda convinzione e con viva esultanza: servi inutiles sumus; quod debuimus facere fecimus. Luc. XVII. (2702)

Lo scopo di questo Istituto non esce dall'orbita degli Uffizi strettamente Sacerdotali: è l'adempimento dell'ingiunzione fatta da Cristo ai suoi discepoli di predicare il Vangelo a tutte le genti: è la continuazione del ministero Apostolico, per cui tutto il mondo ha partecipato ai benefizi ineffabili del Cristianesimo; ed ha per oggetto speciale la rigenerazione dei popoli Negri, che sono i più necessitosi e derelitti dell'Universo. (2647)

Il lavoro adunque, a cui deve intendere la Missione in questo tempo, si è di bene imparare la lingua Nubana per aprirvi regolarmente le scuole, e predicarvi il catechismo e il Vangelo, di apprestare i mezzi perché a poco a poco gli abitanti, e specialmente le donne si possano alquanto vestire, di mantenersi fedele e favorevole la popolazione col buon esempio dei missionari e delle Suore, e coll'esercizio della carità, e di prepararvi tutti gli elementi materiali e formali opportuni al santo ministero apostolico fra questi infedeli. Spero che il Signore ci sarà largo dei suoi divini aiuti, che certo mai ci mancheranno. (3927)

L'Istituzione, che dovrà darsi a tutti gl'individui d'ambo i sessi appartenenti agli Istituti che circonderebbero l'Africa, sarà d'infonder loro nell'animo e radicarvi lo spirito di Gesù Cristo, l'integrità dei costumi, la fermezza della Fede, le massime della morale cristiana, la cognizione del catechismo cattolico, ed i primi rudimenti dello scibile umano di prima necessità. Oltre a questo, ciascuno dei maschi verrà istruito nella scienza pratica dell'agraria, e in una o più arti di prima necessità; e ciascuna femmina verrà del pari istruita nei lavori donneschi di prima necessità; affinché i primi diventino uomini onesti e virtuosi, utili ed attivi; e le seconde riescano pure virtuose ed abili donne di famiglia. Crediamo che questa attiva applicazione al lavoro, a cui vorremmo assoggettati tutti i membri degli africani Istituti, influisca poderosamente sul morale e spirituale vantaggio degli individui della razza etiope, inclinata oltremodo alla pigrizia ed all'inazione. (826)

Dagli scritti di san Daniele Comboni